Corre il dovere a questa Associazione, composta da Funzionari Giuridico-Pedagogici del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria che curano l’osservazione scientifica della personalità dei condannati e l’approntamento di percorsi trattamentali individualizzati finalizzati alla loro risocializzazione, di ribadire il proprio orientamento critico sul progetto di riforma dell’Ordinamento Penitenziario licenziato dal Consiglio dei Ministri in data 16.03.2018.
L’A.N.F.T. già in precedenza ha rilevato le negative ricadute della proposta riforma sullo svolgimento delle attività di osservazione e trattamento, pur apprezzandone, i principi ispiratori, rispetto ai quali la riforma stessa finisce per risultare incongrua per le ragioni che seguono.
Non si può non rammentare che le attività di osservazione e trattamento dei condannati e le attività di valutazione dei percorsi trattamentali al fine dell’ammissione dei condannati stessi alle misure alternative già, da alcuni anni, vengono espletate tra grandi difficoltà a causa, sia della diminuita presenza dei Funzionari di Servizio Sociale negli Istituti Penitenziari, in conseguenza del loro quasi totale impiego nell’ambito dei procedimenti di messa alla prova, che del taglio delle piante organiche subito dal profilo del Funzionario Giuridico-Pedagogico.
Completa il quadro delle ragioni dell’attuale condizione di sofferenza delle attività di osservazione e trattamento, il sempre crescente impiego dei Funzionari Giuridico-Pedagogici in compiti amministrativi che sottraggono tempo di lavoro alle attività istituzionali di tali Funzionari.
Quale organismo rappresentativo di addetti ai lavori, questa Associazione ha il dovere di ribadire che la riforma proposta dall’Esecutivo uscente determinerebbe, a causa della dilatazione dei carichi di lavoro derivanti dall’abbattimento delle preclusioni di cui all’art. 4 bis O.P., una notevole dispersione di energie lavorative ad ulteriore danno dei percorsi trattamentali meritevoli di attenta verifica in ordine ai progressi necessari per la riammissione alla Società Libera.
Ciò vale soprattutto per i condannati in condizione di svantaggio sociale che utilizzano la carcerazione come occasione di riflessione e che hanno i requisiti di merito per ottenere la concessione di una misura alternativa.
Infatti l’ammissibilità delle istanze per benefici penitenziari anche per alcuni reati compresi in atto nel regime di cui al 4 bis O.P., comporterebbe un notevole aggravio per i Funzionari citati, anche a causa della probabile reiterazione di istanze ad opera dei condannati per tali più gravi reati.
Pertanto la funzione rieducativa della pena, attraverso tale intervento riformatore, non trarrebbe di certo maggiore effettività.
Non meno grave appare il rischio di sovraesposizione degli operatori penitenziari che dovrebbero anche fronteggiare in prima linea le nuove aspettative che la riforma ingenererà nei soggetti condannati per tali più gravi reati.
Una riforma insomma che avrebbe pesanti ripercussioni sulle condizioni professionali e di vita dei nostri iscritti.
Infatti il clima delle relazioni tra operatori penitenziari e detenuti non sarebbe di certo destinato a migliorare con questa riforma.
Riempie di stupore apprendere che il principio ispiratore della riforma sia la restituzione di effettività alla funzione rieducativa della pena e non si tenga conto delle osservazioni degli addetti ai lavori, degli operatori chiamati al difficile compito della rieducazione dei soggetti che hanno violato il patto sociale.
Disorienta ancor di più il dichiarato intendimento politico di rendere effettiva la funzione rieducativa della pena non supportato in alcun modo da un processo di potenziamento delle risorse del Personale che attende ai percorsi rieducativi ed alla rilevazione dei relativi esiti al fine di rappresentarli alla Magistratura di Sorveglianza e non supportato in alcun modo da un processo di valorizzazione di tali operatori.
Non si registrano infatti azioni dirette a conferire agli operatori del trattamento strumenti che mirino ad accrescere l’effettività della funzione rieducativa della pena.
Anzi, proprio a carico del Funzionario Giuridico-Pedagogico, perno centrale delle attività di osservazione e trattamento, si sono verificate le ricadute più gravose degli interventi politici ed amministrativi sull’esecuzione penale intramuraria degli ultimi anni.
L’abbattimento delle preclusioni di cui all’art. 4 bis O.P., vogliamo ribadirlo, determinerebbe un aggravamento delle attuali condizioni di sofferenza delle Aree Educative degli Istituti Penitenziari e danneggerebbe per converso l’utenza che più necessita di aiuto.
Questa Associazione ha prospettato presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati gli interventi necessari per conferire maggiore effettività alla funzione rieducativa della pena e per dare una decisa accelerazione al processo di umanizzazione della pena.
Convinti che l’Ordinamento Penitenziario attuale rappresenti uno straordinario strumento normativo, peraltro mutuato da diversi sistemi penitenziari di altri Stati, i Funzionari Giuridico-Pedagogici ritengono che, per la sua piena applicazione, occorrano invece, oltre all’impiego di maggiori risorse nel sistema penitenziario, interventi che incidono sull’assetto organizzativo del Personale Penitenziario, eliminando l’attuale dicotomia tra operatori di Polizia Penitenziaria e Funzionari Giuridico-Pedagogici.
L’assetto organizzativo dicotomico attuale infatti non ha favorito una osmosi culturale-professionale tra gli operatori ed un senso di comune appartenenza che favorirebbero la circolarità della comunicazione tra gli stessi e renderebbero più proficua l’attività di osservazione della personalità dei condannati e l’approntamento di programmi di trattamento effettivamente individualizzati.
Si chiede quindi di creare un apposito status per i Funzionari Giuridico-Pedagogici, un apposito ruolo tecnico che agevolerebbe un processo di osmosi culturale-professionale e la maturazione di un senso di comune appartenenza tra i diversi Operatori Penitenziari che avrebbero di certo positive ricadute anche sul versante del processo di umanizzazione della pena.
Tale ruolo tecnico farebbe salva l’autonomia professionale dei singoli Funzionari Giuridico-Pedagogici (Educatori), i quali sarebbero posti al di fuori dall’ordine gerarchico generale del Corpo di Polizia Penitenziaria.
La proposta di questa Associazione insomma garantirebbe di certo il conseguimento degli scopi che l’Esecutivo persegue con la riforma licenziata dal Consiglio dei Ministri in data 16.03.2018.
Considerato che quanto già espresso in precedenza da questa Associazione e da autorevolissimi conoscitori delle attività di osservazione e trattamento intramurario non ha prodotto gli effetti sperati, la scrivente Associazione valuterà, dopo attento monitoraggio degli sviluppi della situazione attuale, l’adozione di strumenti legittimi di protesta compreso lo sciopero di categoria.
Caltanissetta 18.03.2018
Il Presidente A.N.F.T.
Stefano Graffagnino