In data odierna l’ANFT, nella persona del Dott. Ignazio Santoro, ha partecipato all’audizione presso la Commissione Mista del CSM per lo studio dei problemi della Magistratura di Sorveglianza e dell’Esecuzione Penale, presieduta dal Dott. Sebastiano Ardita.
Segue copia del documento consegnato.
L’Associazione Nazionale Funzionari del Trattamento – A.N.F.T. – che rappresenta i funzionari giuridico-pedagogici dell’esecuzione penale intramuraria per adulti innanzitutto ringrazia questa Commissione per avere dato a questa categoria l’occasione di esporre una proposta, un contributo da addetti ai lavori finalizzato a rendere maggiormente effettiva la funzione rieducativa della pena.
Questa Associazione rappresenta di avere accolto favorevolmente i recenti interventi del Legislatore e dell’Amministrazione Penitenziaria finalizzati al coinvolgimento di un numero maggiore, rispetto al passato, di soggetti condannati in attività trattamentali, in particolare lavorative. Abbiamo infatti accolto favorevolmente la recente l’introduzione , tra gli elementi del trattamento, de “la partecipazione dei condannati ai progetti di pubblica utilità”. Sia perchè tale elemento si colloca all’interno di una cornice riparativa sia per le sue refluenze sul piano dellarisocializzazione.
Riteniamo nondimeno che ulteriori sforzi vadano fatti dal Legislatore al fine di favorire l’accesso alle attività trattamentali ed in particolare lavorative, di percentuale più significativa di soggetti ristretti. Attività lavorative che potranno anche essere prive di una remunerazione pecuniaria ma tuttavia supportate dalla previsione di appositi benefici premiali.
Sono noti a tutti gli alti tassi di recidiva riferibili a soggetti condannati che in carcere non sono stati coinvolti in attività trattamentali. Tuttora infatti la percentuale di soggetti ammessi ad attività trattamentali, di tipo lavorativo in particolare, appare decisamente da migliorare.
Consideriamo però di pari importanza, al fine di conferire maggiore effettività alla funzione rieducativa della pena, interventi legislativi diretti alla razionalizzazione dell’assetto organizzativo del Personale istituzionale dell’Amministrazione Penitenziaria, di quello che attende al trattamento dei soggetti in esecuzione penale intramuraria.
Da addetti ai lavori che vivono quotidianamente e direttamente le dinamiche penitenziarie, i F.G.P. hanno assistito alla crescita di altre figure professionali ed al mutamento degli equilibri intramurari.
Abbiamo atteso una risposta idonea da parte della politica ma in assenza di questa si è deciso di dar vita ad un organismo rappresentativo al fine di contribuire al ripristino dell’equilibrio tra i vari interessi coinvolti nell’esecuzione penale in carcere, di quell’equilibrio voluto dai costituenti, dal legislatore dell’O.P. e dagli organismi sovranazionali.
Da servitori dello Stato rileviamo la necessità di intervenire legislativamente al fine di impedire una deriva autoreferenziale delle professionalità che interagiscono con i soggetti reclusi e, quindi, di creare un assetto organizzativo che favorisca il declinarsi di processi di interazione circolare che, partendo dall’agevolazione di un senso di comune appartenenza tra gli operatori, favorisca una osmosi culturale-professionale tra gli stessi e, quindi, la maturazione in tutti gli operatori, di Polizia Penitenziaria e nei funzionari giuridico-pedagogici, della consapevolezza e convinzione delladoverosa contestuale considerazione dei diversi interessi pubblici coinvolti nell’esecuzione della pena e della necessità di armonizzare funzionalmente le istanze di sicurezza e quelle di risocializzazione dei condannati.
L’attuale assetto organizzativo del personale istituzionale che attende al trattamento dei detenuti, che prevede da una parte gli operatori di Polizia Penitenziaria e dall’altra i funzionari giuridico- pedagogici, questi ultimi appartenenti al pubblico impiego privatizzato (Comparto Funzioni Centrali) si configura piuttosto dicotomico e non ha ad oggi favorito un significativo senso di comune appartenenza tra le due categorie.
Ciò non favorisce la circolarità delle informazioni, tra i suddetti operatori, afferenti ai detenuti ed alle dinamiche penitenziarie.
Si corre conseguentemente il rischio di approntare poco proficui processi di osservazione della personalità dei condannati e programmi trattamentali poco efficaci.
Di non minore importanza è il rischio di rappresentare alla Magistratura di Sorveglianza un processo di risocializzazione non corrispondente alla realtà.
Si assiste spesso a contrapposizioni irriducibili tra istanze di sicurezza ed istanze di risocializzazione che sembrano sintomatiche del mancato perseguimento, da parte di tutti gli operatori, di un’unica mission istituzionale, vale a dire l’inclusione sociale del reo.
In atto la categoria è molto preoccupata per la prospettata cristallizzazione legislativa di un dualismo nel governo degli II.PP., con una presumibile compressione del pilastro costituito dalle aree educative delle Strutture Penitenziarie.
Riteniamo necessario piuttosto un intervento diretto a riequilibrare i due pilastri, quello Educativo e quello della Sicurezza ed al contempo lasciare i Direttori di Istituto garanti dell’armonizzazione tra sicurezza e risocializzazione.
Non è più procrastinabile la creazione di un ruolo tecnico dei funzionari giuridico-pedagogici, sganciato tuttavia da rapporto gerarchico con i funzionari del Corpo di Pol. Pen. e subordinato invece al direttore di Istituto, al fine appunto del ripristino di equilibri già parzialmente mutati nei fatti.
Tale strumento tecnico proposto dall’A.N.F.T., diretto a conferire maggiore effettività alla funzione rieducativa della pena e che non potrebbe che avere positive refluenze sul processo di umanizzazione della stessa, è stato considerato funzionale dai vertici dell’Amministrazione Penitenziaria.
Tale proposta è stata presentata dall’Amministrazione Penitenziaria in occasione del Tavolo sul Riordino delle carriere delle Forze di Polizia e delle FF.AA. ma la stessa non ha trovato condivisione nelle componenti delle altre forze presenti al tavolo.
Tale intervento del Legislatore costituirebbe recepimento della Regola n. 79 contenuta nella Raccomandazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa R(2006)2, che esorta gli Stati aderenti ad estendere agli operatori penitenziari, quali sono ovviamente anche i F.G.P., i benefici previsti per le FF.OO., ed innescherebbe una significativa spinta motivazionale riconducibile alla valorizzazione della categoria.
Per la nostra categoria si tratta di una parentesi molto difficile, caratterizzata da condizioni di lavoro molto gravose. In diversi II.PP. la collaborazione all’osservazione dei condannati, da parte dei Funzionari di Servizio Sociale, si è ridotta notevolmente a seguito dell’introduzione dell’istituto della messa alla prova e sulla scorta di protocolli locali che in alcuni casi consentono a tali funzionari di non effettuare più colloqui con la popolazione detenuta e di espletare le indagini socio-familiari a seguito della trasmissione, da parte dei Funzionari giuridico-pedagogici, di schede di rilevazione degli elementi socio-familiari ad opera degli stessi operatori intramurari (F.G.P.).
In alcuni distretti si verificano persino diversi rinvii nella celebrazione delle udienze nei procedimenti di sorveglianza incardinati presso i Tribunali o casi di impossibilità, per il Magistrato di Sorveglianza, di pronunciarsi nel merito di istanze di permesso-premio, per mancato espletamento dell’indagine socio-familiare, ritenuta non prioritaria.
Facile immaginare quali possano essere le refluenze della frustrazione degli utenti, per tale mancata definizione dei procedimenti, sulla relazione utente-F.G.P..
Tali Funzionari infatti sono considerati, dalla popolazione detenuta, quale punto di riferimento nel processo di risocializzazione finalizzato al ritorno nella società libera.
Il Presidente A.N.F.T. Stefano Graffagnino
Il Vice Presidente A.N.F.T. Ignazio Santoro